lunedì 29 febbraio 2016

Francesco Baracca: l'asso degli assi

Nato il 9 maggio 1888 da una famiglia benestante Francesco Baracca studiò nell'Accademia militare di Modena, dove fu ammesso nel 1907 e da cui due anni dopo uscì come sottotenente dell'Arma di Cavalleria del Regio Esercito. Nel 1909 frequentò il corso di specializzazione presso la Scuola di Cavalleria di Pinerolo e l'anno successivo venne assegnato al 2º Reggimento cavalleria "Piemonte Reale" di stanza a Roma.
Francesco Bracca con il suo SPAD S. XIII
Nel 1912 passò in aviazione, che allora era parte dell'esercito. Frequentò i corsi della scuola di pilotaggio a Bétheny in Francia con un Nieuport 10, e il 9 luglio conseguì il brevetto di pilota numero 1037. In seguito ritorna in Italia da un periodo di addestramento a Parigi, nel luglio del 1915 cominciò i voli di pattugliamento e viene affidato alla 70ª Squadriglia, il 7 aprile 1916 otteneva la sua prima vittoria, su un Aviatik biposto. Il suo primo abbattimento venne effettuato sopra il cielo di Gorizia, in seguito per l'azione Baracca venne decorato con la medaglia d'argento al valor militare. La sua prima vittoria fu anche la prima in assoluto dell'aviazione italiana.
Il 1º maggio del 1917 si trasferì alla 91ª Squadriglia, soprannominata "La squadriglia degli assi" perché costituita da grandi assi dell'aviazione scelti da Baracca in persona, l'unità aveva in dotazione il nuovo Nieuport 17 costruito in Italia dalla Macchi. Sul suo aereo in onore alla sua Arma di appartenenza Baracca dipinse il cavallino nero rampante destinato a diventare una delle insegne più cara agli italiani (anni dopo la madre di Baracca consegnò quel simbolo a Enzo Ferrari e gli disse: "Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna").
 Il 15 giugno, con l'abbattimento di altri due aerei, conseguì le sue ultime vittorie, abbattendo per ultimo un caccia Albatros D.III con uno SPAD S.XIII nei pressi di San Biagio di Callalta.
Era la sua vittoria ufficiale numero trentaquattro Mentre i piloti erano impegnati in un'azione di mitragliamento a volo radente sopra Colle Val dell'Acqua, sul Montello, l'asso italiano venne abbattuto. Baracca fu colpito da un biplano austro-ungarico non visto, o visto troppo tardi quando già l'asso era stato colpito dalla prima delle due raffiche sparate dall'osservatore.

domenica 28 febbraio 2016

28 Febbraio 1917

Soldati e operai armati raggiunsero l'isola Vasilevskij dove il 180º Reggimento fanteria Finlandia si unì alla rivolta.
Anche i marinai della flotta del Baltico passarono con i rivoluzionari e il battaglione ciclisti, che resistette, venne sopraffatto e il suo colonnello Balkašin ucciso.

Il generale Nikitin, comandante della Fortezza S.S. Piero e Paolo, riconobbe il nuovo potere. Mentre il generale Chabalov, rifugiatosi nel Palazzo dell'Ammiragliato, venne arrestato insieme con al
Soppressione violenta di una rivolta a Pietrogrado
cuni ministri del vecchio governo e altri dignitari zaristi.


Mentre a Mosca, i rivoluzionari insorgevano e a Pietrogrado la rivoluzione si rafforza. 

Il generale Ivanov, partito dal fronte con la nomina di comandante del distretto militare di Pietrogrado e con l'ordine di soffocare con le armi la rivoluzione, si rese conto di non poter disporre di alcuna forza militare e fu richiamato a Mogilëv.
Le ferrovie passarono sotto il controllo degli insorti e fu impedita la circolazione dei treni fino a 250 chilometri dalla capitale. Lo stesso treno dello zar, partito dal Quartier generale e diretto a Carskoe Selo, venne fermato alla stazione di Malaja Višera e dirottato a Pskov.

28 Febbraio 1916

È il 28 febbraio 1916: gli inglesi organizzano una squadriglia erea con il compito di bombardare i centri industriali tedeschi al fine di sfiancare più velocemente il nemico che, in qualche caso stava già iniziando a perdere terreno; questo lasciava presagire la disfatta della triplice alleanza che avverrà solo due anni più tardi. Uno ddgli esempi della difficoltà tedesca lo si può notare nel settore di Verdun: dopo i primi cinque giorni favorevoli, anche il fronte di Verdun che per i tedeschi era l'unico che stava procedendo davvero secondo i piani inizia a vacillare: i teutonici smettono di avanzare ed i francesi si difendono bene, a metà pomeriggio le perdite tedesche per la prima volta dall'inizio della battaglia eguagliano quelle francesi; è iniziata anche a Verdun la tragica guerra di posizione.
I francesi non avanzano di un passo ma quel giorno festeggiarono perché erano consapevoli che il fronte non sarebbe indietreggiato ulteriormente almeno nelle settimane successive.   
Il Contngente Russo inviato dallo Zar Nicola II per dare man forte sul fronte occidentale arriva a Dairen in Manciuria sul Mar Giallo dove partono alla volta di Marsiglia: viaggio lunghissimo ma unico modo per arrivare in Francia senza passare tra gli imperi centrali.
Soldati Russi in Manciuria


sabato 27 febbraio 2016

27 Febbraio 1917

folla protesta a Pietrogrado
è il 5 giorno della rivolta e viene occupata la fortezza di Pietrogrado.
Rodzjanko mandò diverse richieste allo Zar Nicola II di convocare la Duma (che aveva rinviato ad aprile) e dicendogli che aveva commesso un errore rinviandola; lo Zar non lo ascolta.
Intanto in molte città della Russia avvengono rivolte con spargimenti di sangue.
Nel frattempo si costituisce il comitato provvisorio della Duma con la veloce approvazione della costituzione per stabilizzare la situazione a Pietrogrado e ristabilire in rapporti tra le istituzioni e le persone.
Ribelli arrestano funzionari zarsti
Contemporaneamente i ribelli accerchiarono lo stabile e dentro scoppiò il panico. Nacque il Soviet, che si dotò di un giornale "Izvestija" che, nel suo primo numero indicò il compito fondamentale del soviet "organizzare le forze del popolo popolari e lottare perché siano definitivamente assicurate in Russia le libertà politiche e la sovranità popolare e la completa eliminazione del vecchio regime e la convocazione di un'Assemblea nazionale costituente eletta sulla base del suffragio universale uguale, diretto e segreto".

27 Febbraio 1916

Il 27 Febbraio 1916 l'esercito austroungarico conquista la città di Durazzo e le forze dell'Intesa, per la maggior parte italiani ed inglesi si ritirano verso la Puglia.
Navi austroungariche al largo di Durazzo
La stampa italiana minimizza la situazione facendo credere che fosse stata una manovra premeditata.
I giornali di quel giorno in Italia, Francia e d'Inghilterra titolavano così: “Durazzo rappresentava solo un punto d’appoggio per soccorrere serbi e montenegrini, un obiettivo transitorio. Il suo abbandono era perfettamente logico e previsto da tempo nel nostro piano. […] Nessuno a conoscenza della situazione strategica avrebbe potuto mai pensare alla difesa di una città e di un porto privi di valore militare”.
Intanto sul fronte orientale i Russi avanzano in Persia conquistando Kermanshah.
Intanto a Verdun i Francesi tentano di riconquistare Fort Douaumont ma senza risultati, la difesa francese però, nel resto del settore funziona ed anche i tedeschi stentano, per la prima volta dall'inizio della battaglia di avanzare.

venerdì 26 febbraio 2016

le 5 cose che (forse) non sapevi su Gabriele D'Annunzio

Il Vate gioca con i sui cani 
1. Durante i salotti mondani, quando si trovava circondato da suoi adulatori e seguaci si divertiva a deriderli chiedendo loro opinioni sulla sua ultima opera e loro, in modo molto vago gli rispondevano riempiendolo di complimenti ed adulazioni; nulla di strano in questo se non fosse per il fatto che d'Annunzio chiedeva opinioni su opere che in realtà non aveva mai scritto.

2. Il Vate fu l'inventore di molte parole di uso comune della lingua italiana, commissionategli dal governo fascista per sostituire i cosiddetti "inglesismi"; una delle parole da lui inventate che oggi utilizziamo quasi ogni giorno è tramezzino (italianizzazione del nome originale inglese sandwich).

la celebre frase su una parete del Vittoriale
3. d'Annunzio nutriva un grande affetto nei confronti degli animali, in particolare verso i cani: lui stesso ne ebbe moltissimi nel corso della sua vita, nella maggior parte dei casi erano animali di pura razza dei quali il Vate amava farsi circondare; i suoi ultimi cani vennero seppelliti accanto a lui nel giardino del Vittoriale.

4. In occasione di un avvenimento celebrativo del Sommo Poeta all’epoca molto apprezzato nei salotti dell'alta borghesia fu chiamato a partecipare a una tavola rotonda, ma senza esitazione alcuna rispedì al mittente l’invito: “Oggi, in Italia, non può parlare di Dante che un ministro, un professore o un imbecille … ed io non appartengo a nessuna di queste importanti categorie!”.

5. Il motto "Memento Audere Semper", uno dei riferimenti letterari più importanti dell figura di d'Annunzio è stato da lui ripreso come un acronimo alternativo alla sigla M.A.S. che indicava il Motoscafo Armato Silurante: imbarcazione molto amata dagli arditi per azioni di sabotaggio ed utilizzata in guerra svariate volte anche dal Vate.

26 Febbraio 1916



La Regia Marina lascia la città di Durazzo
In Albania, la brigata italiana completa l’evacuazione di Durazzo, si ritira a bordo delle navi nonostante il mare sfavorevole e i continui bombardamenti austriaci.

Meno fortunati sono gli uomini del III régiment colonial, in viaggio sul Provence II: il piroscafo francese, convertito in trasporto truppe, viene affondato da un sottomarino tedesco a largo delle coste greche; oltre 1.000 i morti.


Sul settore di Verdun un errore imperdonabile viene commesso dai francesi che lasciano uno dei loro forti più importanti (Fort Douaumont) una fortezza di ultima generazione ed uno dei punti strategici, completamente sguarnito portando gli occupanti in rinforzo in prima linea lasciando così libero ingresso ai tedeschi.

In seguito questo errore causerà enormi sacrifici in vite umane per i Francesi.

Il 26 febbraio i tedeschi fanno irruzione nel Forte. Sono convinti di trovare molti uomini a fare resistenza, ma si ritrovano in un guscio vuoto, non c’è nessuno: Fort Douaumont viene espugnato in pochi minuti. Imbarazzante.

L'offensiva tedesca volge al meglio e lo stato maggiore francese affida al Generale Petain la situazione critica, ma il comandante non si fa intimidire ed organizza una difesa ben schierata con rotazioni di forze fresche in prima linea: apparentemente è la volta buona per la Francia per fermare la pericolosa avanzata tedesca.

giovedì 25 febbraio 2016

25 Febbraio 1916

Alcuni uomini di stanza a Fort Douaumont
Il 25 febbraio la strategia tedesca non cambia: alle 9:00 del mattino iniziano i bombardamenti intensivi, questa volta ad essere preso di mira è Fort Douaumont, spina dorsale di un sistema difensivo intorno a Verdun complessivo di 19 forti collegati con trincee e sbarramenti quasi imprendibili. 
I francesi nel forte: una cinquantina di uomini comandati dal sergente maggiore Chenot si rifugiano nei sotterranei per non restare sopraffatti dalla furia del bombardamento tedesco; soltanto Chenot ed alcuni uomini restarono a sparare dal cannone da 155 mm più per dignità che per vera e propria difesa. i francesi nel forte sapevano già di essere presi e quando le avanguardie tedesche raggiunsero il forte, furono sorprese dal totale silenzio delle armi dei difensori che non spararono per non aggravare la loro posizione. I primi ad arrivare furono gli artieri del sergente Kunze che, superato il fossato, riuscirono ad entrare nel forte da una piccola apertura; dopo una breve ispezione e non incontrando resistenza dichiararono il forte preso e catturarono i francesi che erano all'interno del forte.
Uno dei simboli della guerra sul fronte franco-tedesco e un emblema della forza bellica francese venne preso nel giro di poche ore: un dura sconfitta per i francesi ed una grande vittoria inaspettata per i prussiani.
Fort Douaumont poco prima della battaglia
Alla notizia della perdita del forte la stampa francese si adoperò con ogni mezzo a minimizzare la sconfitta francese e ad esaltare le perdite tedesche, in realtà i francesi non furono abbastanza decisi nel riprendere le postazioni perdute e dovettero cedere ai tedeschi postazioni che in seguito si rivelarono fondamentali.
I rifornimenti tardavano ad arrivare, la popolazione civile in vista del peggio iniziò a saccheggiare la città e la situazione volgeva per il peggio

mercoledì 24 febbraio 2016

24 Febbraio 1916

Il 24 febbraio 1916 i tedeschi continuano ad avanzare a Verdun: i francesi perdono ancora terreno e sono costretti ad abbandonare in mani nemiche il Bois des Fosses lasciando in mano prussiana altri 10.000 prigionieri; i francesi, in affanno, sono costretti a ritirarsi da Beaumont e nel Bois des Caurières.
La "Giulio Cesare" occupata nelle operazioni
Il Portogallo cede alle pressioni inglesi ed affida il contingente tedesco catturato sul fiume Tejo nei pressi di Lisbona alle forze armate britanniche che così facendo infergono un duro colpo ai tedeschi.
Intanto la Regia Marina, nella guerra balcanica è protagonista: nonostante la ritirata dell'intesa via mare dalla città di Durazzo in Albania le forze della Marina si organizzano insieme agli alleati Inglesi e francesi dimostrando al mondo la forza militare italiana, i dati parlano da soli: 260.000 uomini e 250 imbarcazioni tra cui ricordiamo le più famose: i cacciatorpedinieri Ardito e Bersagliere e gli incrociatori Città di Siracusa e Città di Catania; soltanto 1 morto e 3 feriti: un successo nonostante la perdita della città.
In Lussemburgo il Primo Ministro Hubert Loutsch lascia il posto a Victor Thorn.
A Roma muore il giurista, politico e accademico italiano Giovanni Abignente.

martedì 23 febbraio 2016

23 Febbraio 1916


vista del fiume Tejo (Tago in italiano)
Mentre a Verdun i tedeschi avanzano inesorabilmente, i francesi sono costretti alla ritirata strategica perdendo alcune posizioni strategiche che conoscendo la storia, sarebbe stato opportuno per gli interessi della Francia difendere in modo più incisivo per poter riorganizzare al meglio la controffensiva vengono evacuate e conquistate dai prussiani. 
Herbert Henry Asquith I Conte di Oxford
La situazione volge al meglio per i tedeschi che contano più di 3000 prigionieri ed il Kaiser si complimenta con lo Stato Maggiore, intanto a Parigi è il cahos ed i francesi studiano la risposta allo "schiaffo" di Verdun.
Il Portogallo, fino ad ora neutrale ma con delle simpatie nei confronti dell'Intesa blocca delle navi tedesche in ritirata sul fiume Tejo nel sud del Paese e quasi contemporaneamente iniziano le pressioni britanniche per il sequestro delle imbarcazioni.
Intanto a Londra si raduna la Camera dei Comuni, nascono dei conflitti tra Labouristi e la maggioranza del premier liberale Conte Asquith circa la fine della guerra  la pace: i labouristi parlano di una possibilità di pace di comune accordo con i socialisti tedeschi ma la maggioranza non intende piegarsi e dichiara di accettare di firmare una pace solo nel caso in cui gli obiettivi inglesi saranno completamente soddisfatti, dopo poche ore la seduta chiude con un "nulla di fatto".

lunedì 22 febbraio 2016

Le 5 cose che (forse) non sai su Vittorio Emanuele II

Vittorio Emanuele II nel suo ritratto più celebre
1.  A causa della sua statura bassa e tarchiata, a differenza di quella dei genitori entrambi alti (Carlo Alberto addirittura 2,03 metri) iniziarono a circolare voci maliziose che lo vedevano come un figlio di un popolano, sostituito al vero Vittorio Emanuele morto in un incendio ancora in fasce; queste voci si devono al fatto che il giovane sovrano non assomigliasse affatto ai genitori ed aveva una conformazione fisica singolare per un monarca, molto simile a quella dei popolani del primo ottocento.

2.  I letti dei Savoia erano tutti piccoli, non perchè questi fossero di bassa statura (uniche eccezioni Vittorio Emanuele II ed il nipote Vittorio Emanuele III) ma perchè era una sorta di tradizione di famiglia quella di dormire in posizione fetale; infatti non poche consorti dei Reali Piemontesi si lamentarono della grandezza dei letti di Palazzo.

3.  Vittorio Emanuele II soffriva di "gallismo" una patologia che lo vedeva attratto in ogni momento dal sesso femminile, tanto che alcuni sovrani del tempo parlarono di questo suo "problema" dopo aver avuto colloqui con lui nei quali si tratteneva in modo evidente dal fare apprezzamenti sulla servitù.

Il Re durante una battuta di caccia: il suo passatempo preferito
4.  Vittorio Emanuele II ebbe una storia d'amore con una popolana detta "Rosina" che aveva conosciuto durante una battuta di caccia.
A detta del conte di Cavour la bella Rosina" lo manteneva nella copula e nel disordine"; e rivolgendosi ai cortigiani li incitava:"è per noi un dovere di coscienza di staccarlo". 
Vittorio Emanuele II amava commentare " almeno dalla Rosina si può desinare in maniche di camicia".Rosina condivideva con il Re la buona cucina, il biliardo e la passione per la caccia. Tra i cimeli trovati nell'appartamento regale un bastone da passeggio spezzato in due con l' etichetta "rotto sulla schiena di don Margotti per quanto scritto su Rosina" Margotti era il direttore del giornale torinese l'Armonia e fu tra coloro che sperimentarono a proprie spese di quale protezione godesse la donna, regina di cuori del re d' Italia. 


5.  Il rapporto dei Savoia con il paranormale e la superstizione era molto marcato al punto che arrivò a coinvolgere i numeri: il 28 portava male. Troppi decessi erano avvenuti in Casa Savoia il giorno 28: Carlo Alberto, Vittorio Emanuele, la Regina Elena, la loro figlia Mafalda e molti altri. Che fare per proteggersi? Vittorio Emanuele II usava farsi crescere per un anno intero le unghie degli alluci per poi affidarle al suo orafo affinché le incastonasse in oro e diamanti: una volta pronte ne faceva talismani che dava in dono alle sue amanti. Dopo la morte del re, il successore Umberto I recuperò un'unghia che il morto aveva regalato a sua madre, la regina Maria Adelaide, e la regalò come portafortuna al Conte di Mirafiori.

22 Febbraio 1916

fuoco di sbarramento tedesco a Samogneux
Per il 22 febbraio lo Stato maggiore tedesco non pose limiti all'avanzata delle proprie truppe, che avrebbero seguito lo stesso schema del giorno precedente ovvero bombardamento a tappeto al mattino ed avanzata della fanteria nel pomeriggio
Alle 16:00 circa i tedeschi conquistarono Haumont-près-Samogneux (un villaggio adiacente a Verdun  che però era stato completamente raso al suolo dall'artiglieria tedesca).
Con questa vittoria i tedeschi crearono il primo cuneo dentro le difese nemiche, ma il vero successo fu la conquista del Bois de Caures (bosco di Caures) dove incontrarono solo due battaglioni decimati di chasseurs a pied francesi comandanti da Émile Driant fervente nazionalista francese che resistette in inferiorità numerica, strategica ed organizzativa ma venne ucciso ed i suoi uomini dovettero arrendersi dopo alcune ore di battaglia.
I tedeschi avevano finalmente trovato il punto debole delle forze francesi: tutto lasciava presagire il meglio.
soldati francesi in postazione presso il Bois de Caures
Intanto la disorganizzazione dell'artiglieria francese stava dando degli effetti negativi e intanto i tedeschi continuarono ad avanzare aiutati da massicci bombardamenti.
Poco dopo occuparono la cittadina di Samogneux con l'intento di entrare a Verdun da nord; i colpi dell'artiglieria impedirono ai rinforzi francesi di giungere al fronte, inoltre le postazioni francesi vennero colpite dalla propria artiglieria a causa di un errore che dava la città già in mano ai tedeschi.

domenica 21 febbraio 2016

Spahis: i cavalieri del deserto


Gli Spahi nascono nel medioevo come cavalieri pesanti e combattono per secoli per l'impero ottomano con le proprie leggi senza mai adeguarsi alle leggi di un esercito "regolare": Altamente addestrati ed arditi crearono no pochi problemi ai nemici dell'impero turco.
Spahi ottomani nel 1683
Con il passare dei secoli si adeguarono alle nuove tipologie di guerra divenendo alla fine dell'ottocento truppe leggere a cavallo armate di moschetto, bombe a mano e pistola.
Dopo il 1912 l'Italia ottenne la Libia dall'Impero Ottomano. Per la gestione coloniale della Libia italiana furono creati squadroni di cavalleria, arruolando i locali Spahi della Libia ottomana.

Gli Spahis erano cavalieri reclutati in Libia ed adibiti, come Cavalleria Leggera, per esplorazione, scorte e servizi di vigilanza dei confini. 
Importante notare la differenza con i Savari che venivano reclutati sempre in libia come truppa a cavallo ma erano inquadrati nell'esercito regolare, mentre gli Spahis, fedeli alla loro tradizione venivano arruolati a "Plotoni" e nell'ingaggio era previsto anche il cavallo che era di proprietà, inoltre lo status di Spahis era ereditario; gli Spahis non rispondevano ad un corpo preciso dell'esercito ma erano gruppi armati "indipendenti" con schemi di guerra e tradizioni completamente diversi da quelli della cavalleria tradizionale.


Spahis italiani alla carica nel 1936
Gli Spahis italiani operarono tra il 1912 ed il 1935 nei Regio corpo truppe coloniali della Tripolitania e della Cirenaica, poi dal 1935 al 1942 nel Regio corpo truppe coloniali della Libia unificato. Differivano dai loro corrispondenti francesi in quanto il loro ruolo principale era quello di polizia montata: furono usati principalmente per compiti di esplorazione, scorta e soprattutto e per controllare i confini e le zone del deserto sahariano libico, mentre gli Spahis algerini francesi erano perlopiù inquadrati nell'esercito coloniale.

Gli Spahis indossavano un vestito pittoresco, modellato su quello delle tribú berbere ed arabe del deserto dalle quali sono stati reclutati. Spesso in guerra indossavano un "burnus" bianco.

Il più famoso gruppo di Spahis italiani fu quello di Amedeo Guillet.

Nel 1935 il "comandante Diavolo" (come fu soprannominato Guillet) ottenne il trasferimento in Libia presso un reparto di Spahis. Nell'ottobre del 1935 partecipò, come comandante di plotone degli Spahis di Libia, alle prime azioni della guerra di Etiopia.

Il 24 dicembre dello stesso anno venne ferito gravemente alla mano sinistra durante la battaglia di Selaclaclà, dove si distinsero i suoi duecento Spahis. In seguito sfilò a Roma, in occasione del primo anniversario dell'Impero, alla testa delle unità Spahis.

Amedeo Guillet: il Lawrence d'Arabia italiano

Nato a Piacenza nel 1909, il barone Amedeo Guillet è un brillante sottotenente di cavalleria del Regio Esercito Italiano. Per le sue innate capacità equestri viene scelto per rappresentare la squadra italiana di equitazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936, ma nell'inverno del '34 gli eventi precipitano: Mussolini annuncia al mondo le sue mire coloniali in Africa ed Amedeo decide di partecipare alla campagna d'Abissinia.
Il giovane barone Amedeo Guillet
 Il 3 Ottobre 1945 quando inizia il conflitto Guillet è a capo di un contingente di Spahis (guerriglieri libici montati a cavallo).
 Guillet ha subito un rapporto molto stretto con i suoi spahis tanto che deciderà di imparare l'arabo per poter comunicare meglio con loro, i quali a loro volta ammiravano Guillet affibbiandogli il soprannome di "comandante diavolo".
Dopo essere stato ferito ad una mano torna in Italia per farsi operare e qui conosce la cugina "Bice" con la quale si sposerà. Intanto partecipa alla guerra di Spagna e viene decorato dal Generalissimo Franco; in seguito, ferito ad una gamba torna in Africa a Tripoli dove viene ricoverato, qui riceve l'incarico dal Vicerè Amedeo D'Aosta di  tornare in Eritrea per governare una vasta area.
Qui viene subito amato da tutti gli indigeni che non lo tradiranno mai e non diserteranno mai nemmeno dopo la guerra.
Qui incontra la figlia di un capo tribù: Kadija con la quale avrà una storia che durerà per tutta la sua permanenza in Africa.
Guillet nei panni di Ahmed Abdellah Al Redai
Gli viene affidato un battaglione di indigeni a cavallo "Gruppo Bande Amhara", l'addestramento non è ancora completo quando l'Italia entra in guerra e Guillet è costretto a combattere contro gli inglesi; si distinguerà per spirito di sacrificio e ardimento in battaglia, infatti per consentire alle truppe italiane di stanza ad Asmara di ritirarsi ordina una carica di cavalleria contro i carri inglesi e riesce a vincere: per gli inglesi inizia l'incubo del comandante diavolo.
Dopo la sconfitta in Africa Orientale riceve l'ordine di ritirarsi in Libia, ma decide di restare in Eritrea, si traveste, abbandona la divisa e si veste da indigeno, cambierà anche il suo nome in Ahmed Abdellah Al Redai, fingendosi uno yemenita bloccato in Eritrea dopo la sconfitta italiana; così facendo non verrà mai trovato. Organizza la guerriglia contro gli inglesi, armando i nativi eritrei svuotando i depositi italiani abbandonati ed avviando un logoramento delle truppe inglesi con azioni di sabotaggio e guerriglia tanto che gli inglesi offrirono una taglia di 1000 sterline per chiunque lo catturasse; ma Guillet non venne mai tradito. La sua missione personale era quella di infliggere più danni possibili agli inglesi con l'intento di aiutare gli italiani che stavano ancora combattendo in Libia.
Guillet è considerato uno dei più grandi patrioti dell'Eritrea, e quando vi tornò in visita ufficiale venne accolto come un eroe, infatti senza di lui e la sua guerriglia contro etiopi ed inglesi l'Eritrea, probabilmente non sarebbe mai divenuta indipendente.


21 Febbraio 1916

Autocarri francesi giungono a Verdun con rinforzi
Le cose non si stanno mettendo bene per i tedeschi, che si rendono conto di non poter continuare all'infinito una guerra così dispendiosa: il Generale Falkenhayn, Capo di stato maggiore tedesco ne è consapevole e deve assolutamente trovare un modo per continuare la guerra, per non far capire ai francesi che sono in difficoltà, altrimenti avrebbero sferrato l'assalto decisivo; il modo per far impensierire i francesi è la città di Verdun: un fronte ormai abbandonato dalle truppe francesi che non si aspettavano certo un'offensiva proveniente da quel fronte ed una possibile conquista avrebbe avuto una grossa influenza sul morale dei francesi.
Verdun fu altre volte conquistata dai tedeschi:, nel 1792 e nel 1870, ma questa volta non sono fini strategici o territoriali a spingere l'avanzata ma un piano di sfiancamento dell'Intesa.
I tedeschi organizzano quindi l'attacco portando sul fronte armi ed equipaggiamento, avendo cura di non essere visti con l'intento di sfruttare l'effetto sorpresa.
In pochi mesi è tutto pronto per l'offensiva che inizia Lunedì 21 Febbraio, poco prima del sorgere del sole, con l'aiuto dell'oscurità. 
Il bomabardamento è pesante, e per nove ore i francesi non riescono a rispondere al fuoco, possono solo restare in trincea e subire una pioggia di proiettili mai vista; d'un tratto i cannoni smettono di sparare e viene dato l'ordine d'attacco: circa 140.000 tedeschi avanzano sulla città francese.

sabato 20 febbraio 2016

5 cose che (forse) non sai su Giuseppe Garibaldi


Il Garibaldi Panorama era alto 1,50 metri e lungo 83 metri.

1. Nel testamento, riconfermò il suo odio viscerale per gli uffici ecclesiastici, rifiutando qualsiasi tipo di cerimonia e richiedendo la cremazione. Il suo corpo fu imbalsamato ed è conservato in un sepolcro coperto da una massiccia pietra grezza di granito a Caprera.

2. Alla fine del Settecento il ‘pubblico’ avido di conoscere realtà ed eventi storici ebbe a disposizione uno strumento del tutto nuovo:
i panorama. Si trattava di dipinti circolari, di grandi dimensioni, che venivano installati in un edificio appositamente costruito. Dopo alcune prove preliminari in Scozia, il primo tipo di panorama fu mostrato a Londra nel 1788. Uno dei pochi panorama ancora oggi esistenti è il Garibaldi Panorama alto circa 1 metro e mezzo e lungo circa 83 metri, dipinto su entrambi i lati. Si dice che sia il più lungo panorama esistente al mondo. Opera di James J. Story, fu completato a Londra nel 1859. Dal 1860, e per qualche tempo, il panorama fu mostrato a migliaia di interessati spettatori in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Dopo varie vicissitudini e passaggi di proprietà, il Garibaldi Panorama è ora uno dei ‘tesori’ della Hay Library a Brown University, Rhode Island. È unanimemente giudicato il più affascinante panorama mai prodotto.
Garibaldi con la sua fedelissima cavalla Marsala.
dopo la sua morte verranno sepolti vicini.

3.  tra i suoi molti meriti, ci fu anche quello di aver fondato nel 1871 a Torino, la Società Reale per la protezione degli animali“, poi trasformata in Enpa (Ente Nazionale Protezione Animali).

4. Garibaldi nutrì sempre un grande amore per la sua bellissima cavalla bianca (in realtà piuttosto sul grigio chiaro), chiamata Marsala in onore del marchese Sebastiano Giacalone Angileri, che gliela regalò al momento dello sbarco nella cittadina siciliana e che lo accompagnò fedelmente durante le tumultuose spedizioni militari nell’isola prima di essere mandata a Caprera, in Sardegna, dove morì.

5. Garibaldi fu, involontariamente il primo "produttore" in serie di Jeans che venivano prodotti a Genova ed erano stati distribuiti alle Camice Rosse per la campagna dei mille.

gli Sciumbasci: Marescialli d'Africa

sopra: gradi Sciumbasci dell'Africa Orientale.
Prima di tutto ci teniamo a fare chiarezza circa i gradi delle truppe coloniali, che non sono sempre chiari a tutti; in seguito parleremo degli Sciumbasci ovvero i marescialli delle truppe colonali.I gradi delle truppe coloniali erano così suddivisi: Ascari (soldato) - Muntaz (caporale) - Bulucbasci (sergente) - Sciumbasci (maresciallo)
La denominazione Sciumbasci (o scium-basci o sciumbascì) proviene dalla parola tigrina per "investito del potere".Lo sciumbasci è il più alto grado raggiungibile dagli ascari eritrei, libici, somali ed abissini del Regio Esercito ed è posto sotto il tenente (grado precluso alle truppe coloniali) e sopra il bulucbasci.
Lo sciumbasci veniva assegnato ad ogni mezza-compagnia coloniale o buluc ed era addestrato per poterla comandare come fosse un ufficiale, in caso di necessità. Inoltre requisito essenziale per essere ammesso al grado di sciumbasci era la conoscenza della lingua italiana.Presiedeva alle funzioni di fureria del suo reparto, ossia alle distribuzioni, ai prelevamenti, ai turni, ai servizi, inoltre aveva incarico di occuparsi dell'istruzione delle reclute, dell'igiene, della pulizia e dell'ordine della truppa. Svolgeva anche la mansione d'interprete fra gli ufficiali italiani e la truppa coloniale, qualora questa non parlasse la lingua, ed era considerato il primo cooperatore degli ufficiali.Il distintivo di grado dello sciumbasci consisteva da tre galloni di tessuto di lana rossa, fatti ad angolo, uno sotto l'altro, con la punta rivolta verso la spalla, soppannati di panno nero a triangolo. Inoltre lo sciumbasci porta sul tarbush tre stellette disposte a triangolo equilatero, con la base parallela all'orlo inferiore del tarbush.
Lo sciumbasci degli zaptiè in grande uniforme indossava penne di struzzo bianche sul copricapo.
Sul distintivo erano posti anche i contrassegni di anzianità e di merito (la corona dei Savoia) come distintivo di promozione per merito di guerra, nonché il fregio di specialità (mitragliere, mitragliere scelto, musicante, trombettiere, tamburino, sellaio, maniscalco, bracciale internazionale) e il distintivo di ferita in guerra.
sopra: lo Sciumbasci Tonino Lascari m.a.v.m.

In quanto sottufficiale, lo sciumbasci poteva essere armato anche di pistola (di solito un revolver Camelot-Delevigne mod. 1874) e di sciabola tradizionale (Billao o Shotel) oltre che dell'armamento d'ordinanza.Allo sciumbasci era consentito indossare fuori servizio una mantellina nera (di propria proprietà).Lo sciumbasci portava come simbolo d'autorità il curbasc, un frustino di pelle d'ippopotamo, col quale applicava anche le sanzioni amministrative fisiche alla truppa.
Sono poco note le gesta eroiche di questi uomini: alcuni di loro, tra cui lo Sciumbasci Tonino Lascari in inferiorità numerica, senza munizioni e circondati dagli inglesi impugnarono le loro Shotel e saltarono addosso al comando inglese che stava facendo fuoco sulla loro postazione al grido di "Savoia".


Somalia: La Storia di Scirè


La mattina che ce lo vedemmo davanti non credevamo ai nostri occhi ed alle nostre orecchie :
"Ho saputo che gli italiani sono tornati e voglio riprendere servizio!"
Il Signor Scirè con la divisa da incursore
Queste parole pronunciate con un tono che non ammetteva repliche, erano proferite da un Somalo decisamente anziano, come tutti coloro che hanno combattuto sotto il tricolore.
Sciré di anni ne avrebbe dovuti avere oltre ottanta ma ancora dimostrava una vitalità insospettabile. 
Fu subito "adottato" dagli incursori del Col Moschin, i quali realizzarono per lui una piccola baracca dove l'anziano combattente pose il suo acquartieramento,
avendo cura di farsi portare un venerando fucile Modello 91 dal nipote.
Tutte le mattine si presentava per l'ispezione al Generale Loi, facendo ruotare con insospettabile maestria il fucile per mostrare quanto fosse pulito. Con un altro colpo riportava l'arma alla spalla e se il Generale si dimenticava di dargli il "riposo", lui rimaneva impietrito sul "presentat-arm". 
Nelle cerimonie e alla presenza di autorità con la sua voce profonda proferiva un Viva il Duce, viva il Re, viva l'Italia nonostante gli fosse stato ripetuto più volte che in questo mezzo secolo qualcosa da noi era mutato.
Caro vecchio Sciré; esempio emblematico d'attaccamento all'Italia in un periodo molto difficile per il nostro Paese. 
Gli incursori, al termine di un breve esame e di una prova ginnica (per forza d'età forzatamente ridotta) hanno voluto consegnargli l'ambitissimo distintivo da Incursore e lui è rimasto commosso da questo gesto. 
Lui che cammina ancora scalzo ha visto finalmente ripagato l'attaccamento all'Italia: "Italiani grandi soldati, fare culo così agli Abissini! era solito ripetere.
Grazie Scirè, Soldato italiano abbandonato e dimenticato dalla tua patria.. ma te no, e per ricambiare tu non ci hai mai ne abbandonati e nemmeno dementicati.

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