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mercoledì 14 marzo 2018

I Grandi Nomi della Storia: Cesare Battisti

Giuseppe Cesare Battisti nacque a Trento quando questa era ancora parte dell'Impero austro-ungarico.
Dopo aver frequentato l'Imperial Regio Ginnasio a Trento (ora Liceo Classico Giovanni Prati) per assecondare la madre si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza di Graz.

Cesare Battisti con la divisa da alpino sulle montagne trentine.






 Grazie all'incontro con l'illustre geografo friulano Giovanni Marinelli, ai tempi professore nell'ateneo fiorentino, si appassiona alla geografia. Si laurea a pieni voti nel 1897 con una tesi intitolata Contributo alla geografia fisica e all'antropogeografia del Trentino che verrà pubblicata l'anno seguente dall'editore Zippel di Trento con il titolo Il Trentino. Saggio di geografia fisica e di antropogeografia

 Desiderando combattere per la causa trentina con la politica e farla valere dall'interno, nel 1911 si fa eleggere deputato al Reichsrat, il parlamento di Vienna, per il Collegio di Trento, in seguito si sposa con Ernesta Bittanti con la quale avrà tre figli.

 L'8 agosto 1914 Battisti, insieme ad altri irredentisti trentini, fece pervenire al re d'Italia Vittorio Emanuele III un appello nel quale veniva fatta richiesta di annetere Trento all'Italia, se necessario anch con la forza. 
 L'11 agosto 1914, due settimane dopo lo scoppio della Grande Guerra, Cesare Battisti abbandona l'Impero e si trasferisce in Italia dove si prodigherà a favore dell'entrata in guerra del Regno contro l'Austria-Ungheria.

Il 24 maggio l'Italia entra in guerra contro l'Austria. Battisti si arruola volontario e viene inquadrato nel Battaglione Alpini Edolo, nella 50ª Compagnia, per il suo sprezzo del pericolo in azioni arrischiate riceve, nell'agosto del 1915, una medaglia di bronzo, in seguito tramutata in medaglia d'argento. 

Dopo essere stato promosso al grado di tenente, viene trasferito ad un reparto specalizzato al Passo del Tonale e successivamente, al Battaglione Vicenza del 6º Reggimento Alpini, operante sul Monte Baldo nel 1915 e sul Pasubio nel 1916. 

Il 10 luglio il Battaglione Vicenza, di cui fanno parte Battisti e Fabio Filzi, riceve l'ordine di conquistare il Monte Corno di Vallarsa (1765 m), occupato dalle forze austro-ungariche; qui Battisti viene catturato e portato a Trento dove verrà processato per tradimento.

Muore il 12 luglio 1916 per impiccagione nel cortile posteriore del Castello del Buon Consiglio a Trento. 
Le sue ultime parole furono: << Vival'Italia! Viva Trento italiana! >>

martedì 22 novembre 2016

Francesco Giuseppe Imperatore d'Austria-Ungheria

Francesco Giuseppe Imperatore d'Austria
Nel centenario della sua morte noi de Il Piave Comandò vogliamo ricordare un personaggio emblematico nel corso della guerra ed anche molto discusso per gli ambienti che in seguito sconfissero l'Austria-Ungheria nel corso della Grande Guerra, tuttavia un grande uomo oltre ad essere anche un buon Padre di famiglia, condottiero e stratega.

Francesco Giuseppe (o Franz Josef) nacque nel Castello di Schönbrunn a Vienna il 18 agosto del 1830, dal padre Francesco Carlo d'Asburgo e la madre Sofia di Baviera.

Fin da piccolo (5 anni) venne incaricato di essere il successore del Trono d'Austria; a 13 anni venne nominato colonnello e prese poi parte ai motti risorgimentali italiani, aiutando il Feldmaresciallo Josef Radetzky nel Veneto.

Quando Vienna era in rivolta il 6 maggio 1848, la sua famiglia si trasferì a Innsbruck e lui venne richiamato a Milano dalla Guerra del risorgimento (non potevano perdere il futuro erede al trono) e lì conobbe Sissi.

Il 18 febbraio del 1853, Janos Libenyi voleva assassinare Francesco Giuseppe per il massacro di un centinaio di ungheresi, impiccati nel settembre del 1849; così, per una disattenzione della scorta, riuscì ad avvicinarsi a lui e nel tentativo di pugnalarlo alla gola, la lama di incastrò in una delle fibbie del colletto. Venne impiccato nella prigione di Simmering nello stesso mese.

Elisabetta "Sissi" di Baviera
Nel 1854, sua madre Sofia, volle che si trovasse una moglie per lui e tenne un ricevimento nel castello di Schönbrunn, chiamando le damigelle: Anna di Prussia, Elisabetta Francesca d'Asburgo Lorena e altre tante (queste donzelle, avevano a che fare di più per la politica che per il cuore), ma lui scelse Elisabetta "Sissi" di Baviera e il 24 aprile dello stesso anno, si tenne il matrimonio nella chiesa a Vienna dell'ordine degli Agostiniani.

"Sissi" era una personaggio molto importante per Francesco Giuseppe, visto che lei era benvista in Ungheria e in quei momenti e in Ungheria si sentì nell'aria odore di rivolta e di Autonomia.

Durante la Seconda Guerra d'Indipendenza italiana, prese il comando dell'esercito austro-ungarico, degradando e tirando via il Feldmaresciallo Ferencz Gyulai per incompetenza. Ma comunque perdettero lo stesso e quindi, dopo la guerra sanguinosa di Solferino e San Martino, con la Francia (all'insaputa dell'Italia), firmarono l'armistizio di Villa Franca e che garantì la Lombardia all'Italia (che volle insistere anche per il veneto, ma Austria e Francia lo negarono).

Nel 1867, muore il suo fratello minore Massimiliano, nominato nel 1863 governatore del Messico e morto fucilato dai ribelli messicani perché non vollero monarchi stranieri al comando del Messico.

Poi, un'altra tragedia percosse Francesco Giuseppe. Nel 10 settembre 1898, l'anarchico italiano Luigi Lucheni, uccise con una lima, la sua sposa "Sissi" a Ginevra, vestita di nero per il precedente suicidio del suo figlio Rodolfo. Dichiara, arrestato dai passanti e dalle guardie, di aver fatto questo gesto perché anarchico, povero. Amante della classe operaia e il volere della morte dei ricchi.


Poi, la tragedia dell'attentato di Sarajevo il 28 luglio 1914, per la morte di Francesco Ferdinando, erede al trono dell'Impero da parte di Gavrilo Princip, irredentista bosniaco e facente parte del gruppo irredentista "Madla Basna" (Giovane Bosnia). Che poi da lì, il mondo entrò nella storia e il suo corso nella Prima Guerra Mondiale....

Nell'atto di firmare la carta per far la Guerra contro la Serbia, Francesco Giuseppe era contrario, ma l'esercito e gli alleati tedeschi convinsero alla firma. Mentre firmò la carta, disse:
"La guerra! Lor signori non sanno cos'è la guerra! Io lo so ... da Solferino!".


Francesco Giuseppe nel feretro
Muore nella sera del 21 novembre del 1916, all'età di 86 anni e con 68 anni di regno.
Nel suo testamento, durante la marcia funebre, non volle la macchina per il trasporto della sua salma, ma volle ancora la carrozza trainata da 8 cavalli neri.
Con un nuovo tipo di imbalsamazione non provata, gli deformò il corpo e da lì non venne più fatta vedere la sua salma al pubblico.
Da lì in poi, Carlo I° d'Austria prese il suo posto per altri 2 anni (da monarchia a repubblica).

Immagini di pubblico donimio grazie a Wikipedia.

domenica 3 aprile 2016

Oreste Baratieri: Il provinciale tirolese divenuto Governatore d'Eritrea

Il Governatore d'Eritrea
gen. Oreste Baratieri 
Nato in Tirolo (Alto Adige) col nome di Baratter, decise di italianizzarlo prima in Barattieri e poi in Baratieri quando decise di aderire ai moti risorgimentali.
Nel 1859 si trasferì a Milano e l'anno successivo si unì ai Mille di Giuseppe Garibaldi, partecipando con successo alla presa di Capua. Per le imprese con le camice rosse ottenne il grado di capitano e una medaglia d'argento. Rimase affiliato ai garibaldini per 6 anni, dal1860 al 1866.
Il 3 gennaio 1867 si sposò con Lidia Ceracchini e partecipò alla sfortunata battaglia di Mentana dello stesso anno contro l'esercito francese e si arruolò come regolare nel Regio Esercito nel 1872. Tra il 1874 ed il 1875 partecipò alla spedizione geografica Antinori in Tunisia, per conto della Società Geografica Italiana; e venne nominato colonnello a Cremona nel 1886.
Partecipò, come colonnello dei bersaglieri, alle campagne militari in Eritrea del 1887-88 e nuovamente nel 1890 e nel 1891 come comandante in seconda.
Inoltre venne eletto deputato per la Destra storica a Breno, in provincia di Brescia, ed ebbe confermato il suo seggio per sette legislature, dalla XIII alla XIX (1876-1895).
Nel 1891 fu comandante in capo in Africa ed il 28 febbraio dell'anno seguente fu designato dal re Umberto I governatore della colonia Eritrea e comandante in capo del Regio Corpo Truppe Coloniali d'Africa, col grado di maggior generale e poi di generale comandante.
Ordinatogli dal governo di invadere l'Etiopia, iniziò ad annettere Kassala in Sudan il 17 luglio 1894, e nel 1895 combatté contro i ras Maconnen e Mangascià, che sconfisse nella battaglia di Coatit e di Senafè il 13 gennaio 1895 si accinse alla conquista del Tigrè e nello stesso anno occupò Adigrat, Aksum e Adua.
A seguito dell'eccidio di un reparto italo-eritreo di 1880 uomini, compiuto sull'Amba Alagi il 3 dicembre del 1895, presentò le dimissioni, ma fu costretto dal primo ministro Francesco Crispi (che non intendeva rinunciare alla sua politica colonialista) a passare all'offensiva contro gli africani, nonostante essi fossero in netta superiorità numerica e logistica (a differenza di quanto pensava Crispi).
In procinto di essere esonerato dal comando e venir sostituito dal generale Baldissera, Baratieri decise di cercare una battaglia risolutiva contro Menelik. L'attacco, condotto malamente, fidando su mediocri carte militari, portò rapidamente alla separazione delle varie colonne italiane, che furono quindi sorprese e distrutte, dopo una valorosa resistenza, una dopo l'altra durante la sanguinosa battaglia di Adua del 1º marzo 1896, una delle disfatte più pesanti e tragiche della storia d'Italia. Baratieri diede prova, nella circostanza, di mediocri qualità militari e perse rapidamente il controllo della situazione, senza riuscire a evitare la catastrofe e scampando a sua volta a stento alla morte o alla cattura.
Baratieri (seduto al centro) con lo Stato Maggiore (Eritrea 1888)
Accusato di abbandono di comando, per aver preceduto le truppe nella ritirata dopo Adua, fu ritenuto responsabile dalle autorità di Roma delle tre sconfitte italiane dell'Amba Alagi, di Macallè e Adua: arrestato il 21 marzo 1897, fu quindi sottoposto ad un umiliante processo all'Asmara; il generale sarebbe poi stato prosciolto da ogni accusa per non compromettere l'onore delle forze armate, ma fu collocato a riposo ed abbandonò la carriera militare.
Negli ultimi tempi della sua vita soggiornò ad Arco e a Venezia; qui scrisse, come estrema autodifesa, le Memorie d'Africa, nel tentativo di proclamarsi vittima del destino. In particolare, mostrando un visibile cambiamento d'opinione rispetto a quando era un capo militare nella Colonia Eritrea, nelle sue memorie tracciò un'analisi precisa del colonialismo italiano e dei metodi degli europei per sottomettere l'Africa, definiti disumani e distruttivi. Secondo l'ex generale, il destino degli africani era analogo a quello degli indiani d'America sterminati dagli europei.

Diresse, per diversi anni, la "Rivista militare italiana". Morì improvvisamente a Vipiteno, allora nel Tirolo austro-ungarico, dove si era recato a visitare dei parenti.

mercoledì 23 marzo 2016

Italo Balbo: squadrista, politico, aviatore, pioniere.


Italo Balbo nasce a Quartesana (Ferrara) il 6 giugno 1896. La sua carriera militare inizia come volontario, nella prima guerra mondiale, tra le fila degli alpini, dove riceve due medaglie di bronzo e una d'argento. Dopo la guerra studia a Firenze, dove ottiene la laurea in Scienze politiche, quindi torna a Ferrara per lavorare come impiegato di banca.  Italo Balbo è un uomo d'azione, violentemente antisocialista, antidemocratico e nazionalista, di conseguenza decide di aderire al partito fascista, diventandone presto segretario della sezione di Ferrara. 
Italo Balbo come Governatore della Libia
Nel 1922 è già quadrunviro della marcia su Roma, e nel 1923 viene accusato di essere coinvolto nell'omicidio del parroco Don Giuseppe Minzoni. Italo Balbo per difendere alcuni squadristi depista le indagini, sostiene che non è stato un delitto politico ma che si tratta di una resa di conti per una questione di donne. Riesce nel suo intento e i colpevoli vengono prosciolti per insufficienza di prove.
 

 Il 6 novembre 1926 viene nominato sottosegretario all'Aeronautica. Inizia una serie di trasvolate oceaniche che ne faranno un eroe nazionale e lo renderanno assai noto anche oltre i confini nazionali.

Nel 1930, con 12 idrovolanti partiti da Orbetello alla volta di Rio de Janeiro, in Brasile, Balbo compie la prima trasvolata atlantica. Dal 1 luglio al 12 agosto del 1933 guida la trasvolata di 24 idrovolanti nel volo andata e ritorno da Roma a Chicago. Il governatore dell'Illinois, il Sindaco e la città di Chicago riservano agli italiani un'accoglienza trionfale, a Balbo un'ovazione. Balbo riesce a utilizzare le sue imprese dell'aria come strumento propagandistico. 
Il Relitto dell'aereo di Balbo dopo l'incidente
È il gennaio 1934 quando Balbo viene nominato Governatore della Libia. Inizia la ristrutturazione architettonica della colonia, ma l'idea propagandistica più efficace è il trasferimento in Libia di ventimila contadini italiani, a cui affida le terre coloniali. 
Lo scontro con Mussolini arriva quando Balbo si oppone esplicitamente all'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania. I motivi di dissenso sono di carattere pratico e non ideologico: le truppe italiane non sono pronte ad affrontare la guerra. 29 giugno 1940, diciannovesimo giorno di guerra, Italo Balbo effettua una ricognizione nei cieli della Libia, quando il suo aereo viene abbattuto da una contraerea italiana, all'altezza di Tobruk.

giovedì 17 marzo 2016

17 Marzo 1861 - 2018 Auguri Italia!

AUGURI ITALIA


155 ANNI DI STORIA



Il 17 marzo 1861 il Popolo Italiano reduce di oppressioni per secoli si ribella allo straniero, mettendo in atto l'unità nazionale.
Non è vero che fatta l'Italia bisogna fare gli Italiani; gli italiani si sono fatti da se' nei secoli, con la propria comune cultura che hanno scelto di mettere a frutto quel giorno, decidendo di unirsi in una Patria fatta di soli italiani.

157 anni di Patria, di Storia, di Eroi e di vite che si sono succedute per la grandezza della nostra nazione.


Riportiamo in seguito il commento della redazione.






"Oggi più che mai l'auspicio è di un Paese che non ha paura della sua storia e che ha voglia di diventare più grande ancora."




mercoledì 2 marzo 2016

Armando Diaz: il Generale della Vittoria

Armando Diaz nato a Napoli il 5 Dicembre 1861 conosciuto principalmente per essere stato Maresciallo d'Italia.
La sua avventura militare inizia nel 1912 durante la guerra libica dove fu comandante di un reggimento con il quale si distinse a Zanzur, in seguito venne rimpatriato e divenne segretario del gen. A. Pollio.
In seguito ebbe il ruolo di capo di Stato Maggiore dell'esercito che condivise con Luigi Cadorna (1914).
Generale Armando Diaz
Con lo scoppio della prima guerra mondiale prese le redini del reparto operazioni presso il comando supremo. Nel 1917 diresse con perizia il 33º corpo d'armata sul Carso.
Dopo l'8 nov. 1917, in seguito alla battaglia di Caporetto e il ripiegamento italiano, sostituì il Cadorna nell'ufficio di capo di Stato Maggiore e superò con grande successo la critica fase della stabilizzazione sulla linea Grappa-Piave. Con tenacia ed abnegazione fu in grado di  rinsaldare l'esercito che poté prima affrontare vittoriosamente l'urto offensivo austriaco nel giugno 1918 e quindi dar vita all'offensiva finale italiana del 24 ottobre al 3 novembre del 1918.
Dopo la guerra divvenne Senatore dal febbraio 1918, ed in seguito ricevette il collare dell'Ordine della S.S. Annunziata il 4 novembre dello stesso anno.
Morì a Roma il 29 Febbraio 1928 dopo una carica da ministro nel primo governo Mussolini.

lunedì 29 febbraio 2016

Francesco Baracca: l'asso degli assi

Nato il 9 maggio 1888 da una famiglia benestante Francesco Baracca studiò nell'Accademia militare di Modena, dove fu ammesso nel 1907 e da cui due anni dopo uscì come sottotenente dell'Arma di Cavalleria del Regio Esercito. Nel 1909 frequentò il corso di specializzazione presso la Scuola di Cavalleria di Pinerolo e l'anno successivo venne assegnato al 2º Reggimento cavalleria "Piemonte Reale" di stanza a Roma.
Francesco Bracca con il suo SPAD S. XIII
Nel 1912 passò in aviazione, che allora era parte dell'esercito. Frequentò i corsi della scuola di pilotaggio a Bétheny in Francia con un Nieuport 10, e il 9 luglio conseguì il brevetto di pilota numero 1037. In seguito ritorna in Italia da un periodo di addestramento a Parigi, nel luglio del 1915 cominciò i voli di pattugliamento e viene affidato alla 70ª Squadriglia, il 7 aprile 1916 otteneva la sua prima vittoria, su un Aviatik biposto. Il suo primo abbattimento venne effettuato sopra il cielo di Gorizia, in seguito per l'azione Baracca venne decorato con la medaglia d'argento al valor militare. La sua prima vittoria fu anche la prima in assoluto dell'aviazione italiana.
Il 1º maggio del 1917 si trasferì alla 91ª Squadriglia, soprannominata "La squadriglia degli assi" perché costituita da grandi assi dell'aviazione scelti da Baracca in persona, l'unità aveva in dotazione il nuovo Nieuport 17 costruito in Italia dalla Macchi. Sul suo aereo in onore alla sua Arma di appartenenza Baracca dipinse il cavallino nero rampante destinato a diventare una delle insegne più cara agli italiani (anni dopo la madre di Baracca consegnò quel simbolo a Enzo Ferrari e gli disse: "Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna").
 Il 15 giugno, con l'abbattimento di altri due aerei, conseguì le sue ultime vittorie, abbattendo per ultimo un caccia Albatros D.III con uno SPAD S.XIII nei pressi di San Biagio di Callalta.
Era la sua vittoria ufficiale numero trentaquattro Mentre i piloti erano impegnati in un'azione di mitragliamento a volo radente sopra Colle Val dell'Acqua, sul Montello, l'asso italiano venne abbattuto. Baracca fu colpito da un biplano austro-ungarico non visto, o visto troppo tardi quando già l'asso era stato colpito dalla prima delle due raffiche sparate dall'osservatore.

domenica 21 febbraio 2016

Amedeo Guillet: il Lawrence d'Arabia italiano

Nato a Piacenza nel 1909, il barone Amedeo Guillet è un brillante sottotenente di cavalleria del Regio Esercito Italiano. Per le sue innate capacità equestri viene scelto per rappresentare la squadra italiana di equitazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936, ma nell'inverno del '34 gli eventi precipitano: Mussolini annuncia al mondo le sue mire coloniali in Africa ed Amedeo decide di partecipare alla campagna d'Abissinia.
Il giovane barone Amedeo Guillet
 Il 3 Ottobre 1945 quando inizia il conflitto Guillet è a capo di un contingente di Spahis (guerriglieri libici montati a cavallo).
 Guillet ha subito un rapporto molto stretto con i suoi spahis tanto che deciderà di imparare l'arabo per poter comunicare meglio con loro, i quali a loro volta ammiravano Guillet affibbiandogli il soprannome di "comandante diavolo".
Dopo essere stato ferito ad una mano torna in Italia per farsi operare e qui conosce la cugina "Bice" con la quale si sposerà. Intanto partecipa alla guerra di Spagna e viene decorato dal Generalissimo Franco; in seguito, ferito ad una gamba torna in Africa a Tripoli dove viene ricoverato, qui riceve l'incarico dal Vicerè Amedeo D'Aosta di  tornare in Eritrea per governare una vasta area.
Qui viene subito amato da tutti gli indigeni che non lo tradiranno mai e non diserteranno mai nemmeno dopo la guerra.
Qui incontra la figlia di un capo tribù: Kadija con la quale avrà una storia che durerà per tutta la sua permanenza in Africa.
Guillet nei panni di Ahmed Abdellah Al Redai
Gli viene affidato un battaglione di indigeni a cavallo "Gruppo Bande Amhara", l'addestramento non è ancora completo quando l'Italia entra in guerra e Guillet è costretto a combattere contro gli inglesi; si distinguerà per spirito di sacrificio e ardimento in battaglia, infatti per consentire alle truppe italiane di stanza ad Asmara di ritirarsi ordina una carica di cavalleria contro i carri inglesi e riesce a vincere: per gli inglesi inizia l'incubo del comandante diavolo.
Dopo la sconfitta in Africa Orientale riceve l'ordine di ritirarsi in Libia, ma decide di restare in Eritrea, si traveste, abbandona la divisa e si veste da indigeno, cambierà anche il suo nome in Ahmed Abdellah Al Redai, fingendosi uno yemenita bloccato in Eritrea dopo la sconfitta italiana; così facendo non verrà mai trovato. Organizza la guerriglia contro gli inglesi, armando i nativi eritrei svuotando i depositi italiani abbandonati ed avviando un logoramento delle truppe inglesi con azioni di sabotaggio e guerriglia tanto che gli inglesi offrirono una taglia di 1000 sterline per chiunque lo catturasse; ma Guillet non venne mai tradito. La sua missione personale era quella di infliggere più danni possibili agli inglesi con l'intento di aiutare gli italiani che stavano ancora combattendo in Libia.
Guillet è considerato uno dei più grandi patrioti dell'Eritrea, e quando vi tornò in visita ufficiale venne accolto come un eroe, infatti senza di lui e la sua guerriglia contro etiopi ed inglesi l'Eritrea, probabilmente non sarebbe mai divenuta indipendente.


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