sabato 20 febbraio 2016

gli Sciumbasci: Marescialli d'Africa

sopra: gradi Sciumbasci dell'Africa Orientale.
Prima di tutto ci teniamo a fare chiarezza circa i gradi delle truppe coloniali, che non sono sempre chiari a tutti; in seguito parleremo degli Sciumbasci ovvero i marescialli delle truppe colonali.I gradi delle truppe coloniali erano così suddivisi: Ascari (soldato) - Muntaz (caporale) - Bulucbasci (sergente) - Sciumbasci (maresciallo)
La denominazione Sciumbasci (o scium-basci o sciumbascì) proviene dalla parola tigrina per "investito del potere".Lo sciumbasci è il più alto grado raggiungibile dagli ascari eritrei, libici, somali ed abissini del Regio Esercito ed è posto sotto il tenente (grado precluso alle truppe coloniali) e sopra il bulucbasci.
Lo sciumbasci veniva assegnato ad ogni mezza-compagnia coloniale o buluc ed era addestrato per poterla comandare come fosse un ufficiale, in caso di necessità. Inoltre requisito essenziale per essere ammesso al grado di sciumbasci era la conoscenza della lingua italiana.Presiedeva alle funzioni di fureria del suo reparto, ossia alle distribuzioni, ai prelevamenti, ai turni, ai servizi, inoltre aveva incarico di occuparsi dell'istruzione delle reclute, dell'igiene, della pulizia e dell'ordine della truppa. Svolgeva anche la mansione d'interprete fra gli ufficiali italiani e la truppa coloniale, qualora questa non parlasse la lingua, ed era considerato il primo cooperatore degli ufficiali.Il distintivo di grado dello sciumbasci consisteva da tre galloni di tessuto di lana rossa, fatti ad angolo, uno sotto l'altro, con la punta rivolta verso la spalla, soppannati di panno nero a triangolo. Inoltre lo sciumbasci porta sul tarbush tre stellette disposte a triangolo equilatero, con la base parallela all'orlo inferiore del tarbush.
Lo sciumbasci degli zaptiè in grande uniforme indossava penne di struzzo bianche sul copricapo.
Sul distintivo erano posti anche i contrassegni di anzianità e di merito (la corona dei Savoia) come distintivo di promozione per merito di guerra, nonché il fregio di specialità (mitragliere, mitragliere scelto, musicante, trombettiere, tamburino, sellaio, maniscalco, bracciale internazionale) e il distintivo di ferita in guerra.
sopra: lo Sciumbasci Tonino Lascari m.a.v.m.

In quanto sottufficiale, lo sciumbasci poteva essere armato anche di pistola (di solito un revolver Camelot-Delevigne mod. 1874) e di sciabola tradizionale (Billao o Shotel) oltre che dell'armamento d'ordinanza.Allo sciumbasci era consentito indossare fuori servizio una mantellina nera (di propria proprietà).Lo sciumbasci portava come simbolo d'autorità il curbasc, un frustino di pelle d'ippopotamo, col quale applicava anche le sanzioni amministrative fisiche alla truppa.
Sono poco note le gesta eroiche di questi uomini: alcuni di loro, tra cui lo Sciumbasci Tonino Lascari in inferiorità numerica, senza munizioni e circondati dagli inglesi impugnarono le loro Shotel e saltarono addosso al comando inglese che stava facendo fuoco sulla loro postazione al grido di "Savoia".


Somalia: La Storia di Scirè


La mattina che ce lo vedemmo davanti non credevamo ai nostri occhi ed alle nostre orecchie :
"Ho saputo che gli italiani sono tornati e voglio riprendere servizio!"
Il Signor Scirè con la divisa da incursore
Queste parole pronunciate con un tono che non ammetteva repliche, erano proferite da un Somalo decisamente anziano, come tutti coloro che hanno combattuto sotto il tricolore.
Sciré di anni ne avrebbe dovuti avere oltre ottanta ma ancora dimostrava una vitalità insospettabile. 
Fu subito "adottato" dagli incursori del Col Moschin, i quali realizzarono per lui una piccola baracca dove l'anziano combattente pose il suo acquartieramento,
avendo cura di farsi portare un venerando fucile Modello 91 dal nipote.
Tutte le mattine si presentava per l'ispezione al Generale Loi, facendo ruotare con insospettabile maestria il fucile per mostrare quanto fosse pulito. Con un altro colpo riportava l'arma alla spalla e se il Generale si dimenticava di dargli il "riposo", lui rimaneva impietrito sul "presentat-arm". 
Nelle cerimonie e alla presenza di autorità con la sua voce profonda proferiva un Viva il Duce, viva il Re, viva l'Italia nonostante gli fosse stato ripetuto più volte che in questo mezzo secolo qualcosa da noi era mutato.
Caro vecchio Sciré; esempio emblematico d'attaccamento all'Italia in un periodo molto difficile per il nostro Paese. 
Gli incursori, al termine di un breve esame e di una prova ginnica (per forza d'età forzatamente ridotta) hanno voluto consegnargli l'ambitissimo distintivo da Incursore e lui è rimasto commosso da questo gesto. 
Lui che cammina ancora scalzo ha visto finalmente ripagato l'attaccamento all'Italia: "Italiani grandi soldati, fare culo così agli Abissini! era solito ripetere.
Grazie Scirè, Soldato italiano abbandonato e dimenticato dalla tua patria.. ma te no, e per ricambiare tu non ci hai mai ne abbandonati e nemmeno dementicati.

venerdì 19 febbraio 2016

19 Febbraio 1916


Inizia una crisi economica nell'europa colpita dalla guerra, in particolare nei rapporti tra Italia ed Inghilterra: il ministro del commercio inglese, in vista della crisi carbonifera dichiara:
L’ipotesi che il tasso dei noli sia una specie di tributo, imposto dagli armatori inglesi al consumatore italiano, è errata e lo dimostrano i dati: dall’agosto del 1915 al gennaio del 1916, 54 navi inglesi trasportarono carbone in Italia, mentre quelle estere furono 209. Non possono essere state le imbarcazioni britanniche a determinare le tariffe ed è assurdo crederlo. […] Sarebbe increscioso se in Italia si avesse quest’impressione sull’Inghilterra, sua alleata, che ha fatto tanto ed è pronta a fare di più
Intanto in Italia si nota un comportamento bizzarro: aumentano esponenzialmente gli acquisti di merci carenti tra i quali carbone e zucchero, ciò mette in difficoltà il governo che ha problemi nelle importazioni.
Si crede che questo aumento degli acquisti fosse da attribuire alla stampa che diffuse un panico generale riguardo i prodotti carenti, di conseguenza vennero assaltate le scorte di questi prodotti in vista di una futura crisi.

La Redazione.

giovedì 18 febbraio 2016

Ratti... da compagnia!


Uno dei grandi problemi della vita in trincea era quello dei ratti: roditori famelici che portavano epidemie e sporcizia nelle trincee già malsane e rovinavano le poche, delicate e costosissime apparecchiature elettroniche oltre alle strumentazioni classiche ed al cibo.
Il rapporto con questi animali non era sempre il migliore e provocava non pochi disagi ai soldati come possiamo vedere in questa lettera del giovane soldato italiano Francesco de Peppo:
la prima volta che li ho visti mi hanno fatto impressione, e poi abbiamo cominciato a prenderli a fucilate. Ora non mi fanno più specie, e quasi sempre dormo con tre o quattro di queste bestie sul mio corpo
o ancora il sottotenente Paolo Ciotti che scriveva queste parole in un rapporto:
ogni sorta di insetti più o meno schifosi mi molestavano. Anche i topi, alcuni grossi e mansueti come gatti, giravano attorno al giaciglio, e talora non era raro il caso, che io mi destassi all'improvviso con un sorcio sul viso e sulla mani. Mai giornate più brutte passai sul Carso!
durante i primi anni della guerra queste creature venivano ignorate nella maggior parte dei casi, ma nel 1917 ed in alcuni casi nel 1916 le condizioni igeniche sempre peggiori portarono alla decisione degli alti comandi di emanare addirittura un dispaccio per far fronte al problema dei ratti; ogni stato affrontò il problema a proprio modo c'era chi spargeva veleno, chi posizionava delle trappole o chi come gli inglesi aveva dato il via ad un "gioco di trincea" che consisteva nel catturare più ratti possibile; tutto ciò veniva
coronato da una ricompensa (mezzo penny per animale) come possiamo leggere in questo dispaccio del 1916:
Recentemente sulla stampa francese c’è stata qualche polemica in merito alle precauzioni adottate per proteggere gli uomini dai disagi e dalle difficoltà dell'inverno. Rispetto allo scorso anno è stato fatto molto per rendere la vita al fronte più tollerabile. Uno degli aspetti che maggiormente preoccupano è sicuramente la piaga dei ratti, poiché nei rifugi e nelle trincee  - non importa dove essi vengano realizzati, sia nei boschi, che nei campi aperti, o sul lato della montagna – sono assaliti dai roditori. La peste stava raggiungendo notevoli dimensioni prima che si decise di affrontare il problema anche con l’aiuto dei cani. Treni pieni di Terrier sono stati spediti al fronte per organizzare battute di caccia regolari, con una ricompensa di mezzo penny per ogni topo ucciso. In questo modo, in un solo corpo d’armata, sono stati ammazzati 8.000 ratti in  quindici giorni.


 La Redazione.

giovedì 31 dicembre 2015

Capodanno 1916

Come accadde per la tregua di natale anche a capodanno, sul fronte Italo-Austriaco si ebbe una situazione analoga: la guerra si fermò per qualche minuto ed i soldati, a modo loro, da una trincea all'altra si scambiavano auguri di buon anno; proprio come faremo noi questa sera ma in condizioni che richiedono una grande dose di misericordia nei confronti di chi, magari poche ore prima aveva tentato di uccidervi.
entriamo nella storia grazie a questa lettera del ten. Rodolfo Rossetti, allora in forze al 7° Alpini 106° Compagnia del Btg. Belluno, ove descrive la mezzanotte del 31 dicembre 1915 esattamente cent'anni fa:


La trincea di Col dei Bos dove si trovava il ten. Rossetti
“… Anche oggi gli austriaci sono stati discretamente gentili; infatti non hanno sparato che pochissimo. Stanotte abbiamo finito il vecchio anno, e cominciato il nuovo, in modo non comune: un fuoco d’inferno da ambo le parti. Tutto all’ingiro non si vedevano che vampe di cannoni e scintille di pallottole contro le rocce. Razzi nemici illuminavano ininterrottamente le cime e la vallata, durante un rombo fortissimo di artiglierie, un crepitare continuo di fucili e mitragliatrici, un sibilare acuto di proiettili di ogni sorta. Quest’inferno è durato pochi minuti. Cessato il baccano, dalle nostre trincee sono partite parole d’augurio in tedesco e dalla trincea nemica in risposta una specie di grugniti accolti dai nostri con molte risate.”

La Redazione.

ARCHIVIO ARTICOLI