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Il Governatore d'Eritrea gen. Oreste Baratieri |
Nato
in
Tirolo (Alto
Adige) col
nome di Baratter, decise di italianizzarlo prima in Barattieri e
poi in Baratieri quando
decise di aderire ai moti risorgimentali.
Nel 1859 si
trasferì a Milano e
l'anno
successivo si
unì ai Mille di Giuseppe
Garibaldi,
partecipando con successo alla presa di Capua.
Per le imprese con
le camice rosse
ottenne il grado di capitano e
una medaglia d'argento.
Rimase affiliato ai
garibaldini per
6 anni, dal1860 al 1866.
Il
3 gennaio 1867 si
sposò con Lidia Ceracchini e
partecipò alla
sfortunata battaglia
di Mentana dello
stesso anno contro
l'esercito
francese e
si
arruolò come regolare nel Regio
Esercito nel 1872.
Tra
il 1874 ed il 1875
partecipò alla spedizione geografica Antinori in Tunisia,
per conto della Società
Geografica Italiana; e
venne
nominato colonnello a Cremona nel 1886.
Partecipò,
come colonnello dei bersaglieri,
alle campagne militari in Eritrea del 1887-88
e nuovamente nel 1890 e
nel 1891 come
comandante in seconda.
Inoltre
venne eletto deputato per
la Destra
storica a Breno,
in provincia
di Brescia,
ed
ebbe confermato il suo seggio per sette legislature, dalla XIII alla
XIX (1876-1895).
Nel 1891 fu
comandante in capo in Africa
ed
il
28 febbraio dell'anno
seguente fu
designato dal re Umberto I
governatore della colonia
Eritrea e
comandante in capo del Regio
Corpo Truppe Coloniali d'Africa,
col grado di maggior
generale e
poi di generale comandante.
Ordinatogli
dal governo di invadere
l'Etiopia,
iniziò ad annettere Kassala in
Sudan
il 17 luglio 1894,
e
nel 1895 combatté
contro i ras
Maconnen e Mangascià,
che
sconfisse
nella battaglia
di Coatit e
di Senafè il
13 gennaio 1895
si
accinse alla conquista
del Tigrè e
nello
stesso anno
occupò Adigrat, Aksum e Adua.
A
seguito dell'eccidio di
un reparto italo-eritreo di 1880 uomini, compiuto sull'Amba
Alagi il
3 dicembre del 1895,
presentò le dimissioni, ma fu costretto dal primo ministro Francesco
Crispi (che
non intendeva rinunciare alla sua politica colonialista)
a passare all'offensiva contro gli africani, nonostante essi fossero
in netta superiorità numerica e logistica (a differenza di quanto
pensava Crispi).
In
procinto di essere esonerato dal comando e venir sostituito dal
generale Baldissera, Baratieri decise di cercare una battaglia
risolutiva contro Menelik. L'attacco, condotto malamente, fidando su
mediocri carte militari, portò rapidamente alla separazione delle
varie colonne italiane, che furono quindi sorprese e distrutte, dopo
una valorosa resistenza, una dopo l'altra durante la
sanguinosa battaglia
di Adua del
1º marzo 1896,
una delle disfatte più pesanti e tragiche della storia
d'Italia.
Baratieri diede prova, nella circostanza, di mediocri qualità
militari e perse rapidamente il controllo della situazione, senza
riuscire a evitare la catastrofe e scampando a sua volta a stento
alla morte o alla cattura.
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Baratieri (seduto al centro) con lo Stato Maggiore (Eritrea 1888) |
Accusato
di abbandono di comando, per aver preceduto le truppe
nella ritirata dopo
Adua, fu ritenuto responsabile dalle autorità di Roma delle
tre sconfitte italiane dell'Amba
Alagi,
di Macallè e Adua:
arrestato il 21 marzo 1897,
fu quindi sottoposto ad un umiliante processo all'Asmara;
il generale sarebbe poi stato prosciolto da ogni accusa per non
compromettere l'onore delle forze
armate,
ma fu collocato a riposo ed abbandonò la carriera militare.
Negli
ultimi tempi della sua vita soggiornò ad Arco e
a Venezia;
qui scrisse, come estrema autodifesa, le Memorie
d'Africa,
nel tentativo di proclamarsi vittima del destino.
In particolare, mostrando un visibile cambiamento d'opinione rispetto
a quando era un capo militare nella Colonia Eritrea, nelle sue
memorie tracciò un'analisi precisa del colonialismo italiano e dei
metodi degli europei per sottomettere l'Africa, definiti disumani e
distruttivi. Secondo l'ex generale, il destino degli africani era
analogo a quello degli indiani
d'America sterminati
dagli europei.
Diresse,
per diversi anni, la "Rivista militare italiana". Morì
improvvisamente a Vipiteno, allora nel Tirolo austro-ungarico,
dove si era recato a visitare dei parenti.