lunedì 28 marzo 2016
Le 5 cose che (forse) non sai su Benito Mussolini
1. Un giorno di maggio del 1923 sulla scrivania del Duce c’è una lettera. È di un pescivendolo che si chiama Ventimiglia Romolo: il Municipio vuole revocargli la licenza e il poveretto ha pensato di scrivere a Mussolini per avere un aiuto, lamentando di non essere stato ricevuto dal capo del Governo. Il Duce non ci pensa due volte ed esce: ‘tu mi hai scritto che non riesci ad essere ricevuto da me – dice all’uomo – allora ho pensato di venirti a cercare. Ti assicuro che il sindaco, signor Filippo Cremonesi, ti lascerà stare in questo mercato. Avendo offerto un figlio alla Patria, ne hai diritto più di altri’.
2. quando Mussolini lasciava il salone delle Vittorie, alla fine della giornata di lavoro, il suo attendente Navarra lo accompagnava all’ascensore, lo faceva entrare, faceva partire l'ascensore e si precipitava giù all’impazzata per le scale, in modo da arrivare al piano terra prima dell'ascensore di Mussolini, consentendogli di aprire lo sportello dell’automobile e di consegnargli la borsa.
Inizialmente Mussolini non aveva ci aveva fatto caso, ma una sera, gli chiese se si serviva di un altro ascensore, e Navarra aveva risposto: ‘No, eccellenza, faccio una corsa’. Dunque la sera successiva, mentre entrava nell’ascensore ed il fido attendente era pronto a spiccare la corsa abituale, gli ordino di scendere con lui, esclamando: 'non voglio che si rompa una gamba per causa mia…’.
3. Ancora Navarra ricordando quei tempi ricorda un Mussolini “terribilmente depresso durante il delitto Matteotti”, molto amato dalla folla ma soprattutto dalle donne. In generale un semplice figlio del popolo che scala le vette del potere e da ultimo diventa il primo uomo d’Italia, con i suoi pregi e suoi difetti, i suoi vizi e le sue virtù; un uomo che amava i libri gialli e i gatti, in particolare il suo: Pippo; odiava i profumi e non aveva mai un soldo in tasca.
4. Durante il ventennio fascista la stampa si occupò spesso di Benito Mussolini trattandolo come una sorta di divinità dalla quale potevano scaturire eventi prodigiosi se non miracoli veri e propri.
Come un giornale locale che descrisse la visita del duce in Sicilia, nei pressi dell’Etna:
“Il fiume di lava che fluiva dal fianco ardente del vulcano, aveva dovuto arrestarsi davanti al fuoco ancora più ardente del suo sguardo”.
Un altro aneddoto, anch’esso di carattere soprannaturale, fu raccontato dal Giornale d’Italia:
“Sei mesi or sono certa Aurelia Giaccabi dava alla luce una bambina…sul fianco sinistro della bambina era visibile l’impronta di un fascio littorio”
5. L'espressione “nudi alla meta” può essere utilizzata in senso ironico nei riguardi di chi, fortemente idealista, si ritrova con un pugno di mosche in mano dopo aver combattuto battaglie estenuanti.
Infatti, sembra che il primo a pronunciare la frase sia stato Benito Mussolini nel 1923, quando, a seguito dell’annessione all’Italia del Dodecanneso, rifiutò sdegnosamente il titolo di duca di Rodi, considerandolo inutile e privo di senso, facendo intendere appunto quanto gli sforzi per l'annessione delle isole greche gli siano valsi "soltanto" un inutile titolo.
28 Marzo 1916
Si conclude nel pomeriggio del 28 Marzo la conferenza dei vertici dell'intesa, migliaia di giornalisti si accalcano sui primi ministri e sugli ambasciatori in uscita dal Quai d'Orsay, sperando di strappare qualche informazione circa la conferenza appena terminata,
Tuttavia la conferenza, per l'incolumità dei piani stabiliti resta segreta: nessuno può garantire che tra quel nugolo di giornalisti non ci sia qualche spia tedesca o austro-ungarica.
Le informazioni concesse dai capi di stato sono piuttosto scontate e banali: informazioni che non possono rivelarsi pericolose se divulgate; il vero O.D.G. della conferenza rimane un mistero per i giornalisti e la stampa.
Solo un'informazione (mai confermata e mai smentita) riesce a sfuggire al clima segreto della conferenza, e non è sicuramente tra le più rassicuranti: si parla di uffici internazionali con il compito di censurare eventuali informazioni negative sull'andamento della guerra e per evitare di far trapelare il numero di caduti sul fronte anche di altre nazioni dell'Intesa, con l'obiettivo di mantenere questi dati segreti negli archivi governativi.
Vista l'assoluta segretezza della conferenza i giornali danno spazio a notizie banali, spacciandole per assolute novità deliberate il giorno stesso durante il meeting.
Si parla di un'unità economica per i Paesi in difficoltà sul fronte, viene confermata l'idea del "fronte unico" grazie al quale le truppe potevano subire cambi di postazione non solo sul fronte del loro paese ma anche sugli altri, garantendo in questo modo un ricambio più veloce di forze fresche.
Tuttavia la conferenza, per l'incolumità dei piani stabiliti resta segreta: nessuno può garantire che tra quel nugolo di giornalisti non ci sia qualche spia tedesca o austro-ungarica.
Le informazioni concesse dai capi di stato sono piuttosto scontate e banali: informazioni che non possono rivelarsi pericolose se divulgate; il vero O.D.G. della conferenza rimane un mistero per i giornalisti e la stampa.
La conferenza in corso: a destra in secondo e terzo piano vediamo Salandra e Sonnino (credits: Wikipedia.org) |
Solo un'informazione (mai confermata e mai smentita) riesce a sfuggire al clima segreto della conferenza, e non è sicuramente tra le più rassicuranti: si parla di uffici internazionali con il compito di censurare eventuali informazioni negative sull'andamento della guerra e per evitare di far trapelare il numero di caduti sul fronte anche di altre nazioni dell'Intesa, con l'obiettivo di mantenere questi dati segreti negli archivi governativi.
Vista l'assoluta segretezza della conferenza i giornali danno spazio a notizie banali, spacciandole per assolute novità deliberate il giorno stesso durante il meeting.
Si parla di un'unità economica per i Paesi in difficoltà sul fronte, viene confermata l'idea del "fronte unico" grazie al quale le truppe potevano subire cambi di postazione non solo sul fronte del loro paese ma anche sugli altri, garantendo in questo modo un ricambio più veloce di forze fresche.
domenica 27 marzo 2016
27 Marzo 1916
Guardia di Finanza sul Pal Piccolo |
Sul fronte di Verdun sono tutti fermi sia francesi che tedeschi; non si avanza e non si indietreggia. solo alcuni colpi d'artiglieri restano a ricordare che si è in guerra.
I due paesi si devono ancora riprendere dal trauma e dalla ferita aperta causata da tutte le perdite subite ad est della cittadina francese: da quando è iniziata la battaglia il ritmo di perdite per entrambi gli schieramenti era di due morti al minuto (percentuale lievemente più alta per i francesi).
Mentre sul confine franco tedesco si è instaurata una sorta di tregua il fronte italo-austriaco è in fermento da ormai due giorni: i soldati italiani cercano come possono di contenere la violenta avanzata austriaca e riconquistano le postazioni perse il giorno precedente a nord est di Gorizia.
Apini dell' VIII sul Pal Piccolo |
Sulle Alpi Carniche il progetto austriaco di aggirare le postazioni italiane è andato in fumo e gli alpini riprendono il Pal Piccolo e bloccano gli austriaci che tentavano di aggirarli.
Le perdite italiane sono più di mille, ma quelle austriache sono superiori; l'azione non sembrava potesse andare a buon fine, invece tra il freddo e la neve le truppe italiane sono riuscite nell'impossibile, e la guerra continua.
Il 27 marzo ha inizio a Parigi la conferenza dei vertici dell'Intesa: sono otto i Paesi presenti: Francia, Gran Bretagna, Russia, Italia, Belgio, Serbia, Giappone e Portogallo.
I lavori si aprono sotto la presidenza di Aristide Briand, è presente l'elite delle alte cariche di stato europee: cinque Presidenti del Consiglio, dieci Ministri, dieci Generali e cinque Ambasciatori; ma è anche la prima volta che non partecipa nemmeno un sovrano.
Dal Tevere al Piave: 1915-1918
Dal Tevere al Piave 1915 - 1918 Gli atleti della Lazio nella Grande Guerra ed. ERACLEA |
Oggi vogliamo parlarvi di un nuovo libro, in realtà non è proprio nuovo, è la seconda ristampa di un libro secondo noi davvero meritevole di essere letto.
Dobbiamo ammettere che, inizialmente eravamo titubanti circa questo testo non essendo noi tifosi laziali; ma durante la lettura è emerso il vero spirito di questo libro: quello di raccontare la storia e la vita di questi ragazzi come uomini prima che come atleti.
Il testo spazia nelle vite dei più famosi calciatori della S.P. Lazio, condividendo con il lettore i loro pensieri, le loro preoccupazioni per la guerra, il loro patriottismo ed i loro sogni; il tutto accompagnato dalla cornice della Grande Guerra che ha contribuito a formare gli uomini mentre il calcio formava gli atleti.
A cura di LazioWiki e ricco di fotografie e documenti inediti questo libro si pone, a 100 anni dalla guerra, in grado di conciliare gli appassionati del calcio con gli appassionati della storia, unendoli nella scoperta e nel ricordo di questi ragazzi che diedero la loro vita alla Patria, e che sventuratamente in alcuni casi non ritornarono mai sul campo da gioco.
Curato da Fabrizio Munno e Fabio Bellisario il libro riporta le tragiche vicende delle battaglie, delle sofferenze, degli eroismi di tanti giovani sportivi bisncocelesti, coscienti del loro dovere nei confronti della Patria. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, riconoscendo a questo libro il suo alto valore storico, ha voluto concedergli il logo ufficiale della Commemorazione del Centenario. Ed è stato premiato dall’Istituto del Nastro Azzurro per i reduci e combattenti di guerra di Roma con due stupende targhe di bronzo.
Il libro è edito da ERACLEA conta 226 pagine ed è possibile ordinarlo facilmente qui:
Dal Tevere al Piave. 1915-1918 gli atleti della Lazio nella grande guerra
Copertina posteriore (sx) e anteriore (dx) del libro |
Traghe Istituto del Nastro Azzurro |
sabato 26 marzo 2016
26 Marzo 1916
Gli asburgici premono con insistenza lungo tutto il fronte italiano, ottenendo dei vantaggi fuori la cittadina di Gorizia.
La notte del 26 marzo 1916, la battaglia più intensa si consuma sulle Alpi Carniche dove un battaglione austroungarico attacca le postazioni italiane sulle Cime del Pal Piccolo e del Pal Grande, con l'intento di sorprendere i soldati italiani, senza scorte e rinforzi intrappolati da metri di neve e di circondare ed aggirare Timau nelle retrovie italiane; le truppe austriache possono contare sui rinforzi freschi, mentre gli italiani si ritrovano bloccati da giorni sulle montagne.
Il Battaglione Alpini "Tagliamento", colto di sorpresa sul "Trincerone", è costretto ad indietreggiare e ad abbandonare le proprie posizioni sul Pal Piccolo. Nonostante la tormenta di neve gli austroungarici avanzano repentinamente anche sulle cime vicine mettendo in difficoltà il fronte italiano, minando la stabilità delle postazioni in quel punto. La mattina seguente giungono i rinforzi italiani che consentono di riprendere fiato ed organizzare il contrattacco, prolungando per i tre giorni seguenti la battaglia attorno al Passo di Monte Croce Carnico.
Soldati italiani in trincea sul Pal Piccolo |
Il Battaglione Alpini "Tagliamento", colto di sorpresa sul "Trincerone", è costretto ad indietreggiare e ad abbandonare le proprie posizioni sul Pal Piccolo. Nonostante la tormenta di neve gli austroungarici avanzano repentinamente anche sulle cime vicine mettendo in difficoltà il fronte italiano, minando la stabilità delle postazioni in quel punto. La mattina seguente giungono i rinforzi italiani che consentono di riprendere fiato ed organizzare il contrattacco, prolungando per i tre giorni seguenti la battaglia attorno al Passo di Monte Croce Carnico.
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